Dopo la Brexit, l’Unione vuole rimandare la guerra commerciale

  • 15 aprile 2019
Dopo la Brexit, l’Unione vuole rimandare la guerra commerciale

Oggi cominciano i negoziati commerciali con gli Stati Uniti.
La volontà europea è di arrivare a un accordo rapido, che disinneschi il rischio di una guerra commerciale. 
 
La Commissione porta avanti due mandati negoziali: giungere a una riduzione dei dazi sui beni industriali e a una maggiore facilità nel mutuo riconoscimento delle valutazioni di conformità.
 
Tuttavia, sebbene la maggioranza sia a favore della ripresa dei negoziati, la Francia si è opposta.

Perchè? Ci sono degli argomenti politici importanti nel contesto campagna elettorale europea: la Francia di Macron si erge a rappresentante del protezionismo continentale e dell’ecologia.
 
Più precisamente, la Francia, al contrario in particolare della Germania, è poco esposta alle tariffe sull’acciaio, l’alluminio e le automobili: le esportazioni francesi in materia valevano meno di 500 milioni di dollari nel 2017, contro la Germania che ha esportato 21,7 miliardi di dollari di automobili negli Stati Uniti nel 2017. Leggi di più

Nota bene: Dopo la netta sconfitta di Macron sul rinvio della Brexit, la presa di posizione francese segnala l’ennesima rottura nella relazione franco-tedesca e apre una serie di rivalità tra le due potenze europee, con, per una volta, la Francia in una posizione di forza relativa.

L'arma nucleare della guerra commerciale

Gli Stati Uniti sono sempre impegnati sul fronte della guerra commerciale con la Cina. Un elemento a considerare in questo contesto  la Cina importa più semiconduttori (227 miliardi di $) che petrolio.

Le aziende che dominano il settore a livello globale dominanti nel settore sono a oggi americane (Intel, Qualcomm, Broadcom), sud-coreane (Samsung, SK Hynix) e taiwanesi (TSMC, Mediatek).
 
La Cina ha l’ambizione di riuscire a controllare nella sua integralità la filiere dei circuiti integrati più avanzati, dalla concezione alla produzione, passando per gli strumenti di fabbricazione. Un piano settoriale lanciato nel 2014, i cui dettagli non sono stati pubblicati, avrebbe allocato tra i 100 e i 170 miliardi di $ per i prossimi dieci anni a questo obiettivo. Leggi di più

Nota bene: Ben lungi dal portare la Cina a rinunciare alla propria politica industriale, sembrerebbe che l’intransigenza degli Stati Uniti in materia tecnologica abbia spinto il paese ad aderire più che mai al proprio modello, portato avanti da una quindicina d’anni, di innovazione autoctona (zizhu chuangxi, 自主创新), per « prendere la strada dell’autosufficienza » (zi li geng sheng, 自力更生 – un’espressione legata al maoismo).

Foto di Brendan Smialowski, vincitore del World Press Photo 2019


Su di me

Giovanni Collot

Giovanni Collot is a journalist specialized in US politics and European Affairs. Since March 2013 he is living in Bruxelles where he has been the editor of The New European magazine. He is co-founder of iMerica.