Grande Guerra

  • 17 novembre 2018
Grande Guerra

Si è celebrato in questi giorni il 100° anniversario dell’Armistizio che concluse la Prima Guerra mondiale, la “Grande Guerra”. Rispetto agli altri paesi partecipanti, l’Italia ha un po’ scansato l’occasione, forse per cattivi ricordi. Allo scoppio del conflitto il Paese era alleato con la parte “sbagliata” come membro della Triplice Alleanza — un patto di reciproco supporto militare che lo legava alla Germania e all'Impero Austro-Ungarico.

La Triplice Alleanza fu firmata nel 1882 in chiave anti-francese ed era stata rinnovata a intervalli regolari. Il suo punto debole era nei contrasti tra l’Italia e l’Austria, soprattutto riguardo a Trieste e il Sud Tirolo. Molti italiani consideravano entrambi dei “territori perduti”, rendendo l’accordo controverso al punto da suggerire l’opportunità di mantenere la sua stessa esistenza un “segreto di Stato”.

All’inizio della Guerra — con l’aggressione alla Serbia da parte austriaca a luglio del 1914 — le forze militari italiane erano, come prevedeva l’Alleanza, sbilanciate ad Ovest, sul confine con la Francia. Il conflitto si allargò in pochi giorni a buona parte d’Europa, ma il Primo Ministro, Antonio Salandra, cercò di restare neutrale, asserendo che la questione non riguardasse l’Italia in quanto l’Alleanza che legava il suo Paese alla Germania e all’Austria doveva avere un carattere soprattutto difensivo. Caratterizzò l’insistenza che si dovesse scegliere da che parte stare in una guerra ormai continentale come una forma di “sacro egoismo” e tirò per le lunghe.

Intanto, a ottobre, lo Stato Maggiore cominciò a spostare reparti dell’Esercito ad Est, verso il confine austriaco.
A fine aprile del 1915, con il trattato della Triplice Alleanza (rinnovato nel 1912) ancora formalmente in vigore, l’Italia firmò in grande segreto il Patto di Londra con la Triplice IntesaInghilterra, Francia e Russia.
Il documento prevedeva l’entrata in guerra subito al fianco di questi, i nemici degli alleati di prima. Nel maggio l’Italia dichiarò sì guerra, ma alla sola Austria. La prudenza suggerì di non sbilanciarsi troppo e si attese oltre un anno, a fine agosto del 1916, per dichiarare guerra alla Germania.

L’Italia cambiò alleanze a fronte dell’esplicita promessa di ottenere come bottino di guerra Trieste e i territori “italiani” dell’Impero Austro-Ungarico
— la Russia zarista aveva invece posto veti sulla Dalmazia e sull’Albania, altre due richieste italiane. A fine guerra — malgrado l’enorme prezzo pagato in sangue — gli accordi furono disattesi, un fatto che contribuì direttamente all’avvento del Fascismo.

Gli alleati giustificarono il voltafaccia con il ruolo ambiguo del Belpaese nei primi anni del conflitto. Un secolo è troppo per la memoria umana. Restano solo scarni fatti, più o meno documentabili, e interpretazioni—spesso partendo dalle condizioni di oggi, non di ieri.

L’Italia non voleva quella guerra e ha forse tardato troppo a stare il più a lungo possibile in mezzo al guado—e, brutalmente, ad aspettare l’offerta migliore, perché trattò il suo prezzo con entrambe le parti contendenti. La Russia però, che invece il conflitto lo voleva proprio, pagò ancora di più, come anche la Germania. La Guerra dette esca al crollo dell’Impero britannico, azzerò quello Austro-Ungarico, dissanguò la Francia e non risolse niente—tanto che si dovette rifare dopo un paio di decenni.

Su di me

James Hansen

James Hansen is a former diplomat and journalist. After serving in the American Foreign Service in various capacities, he was posted to the U.S. Consulate General in Naples as Vice-Consul. Remaining in Italy as a correspondent for, among others, the International Herald Tribune and the Daily Telegraph, he later became spokesman for some of the country's best known business figures, including Carlo De Benedetti and Silvio Berlusconi. More recently he acted as Chief of Press of Telecom Italia. Today he is President of a Milan-based consulting firm, Hansen Worldwide, which advises leading Italian industrial groups on their international relations. He has edited the geopolitical review EAST and today directs the widely-read Nota Diplomatica, which appears weekly.