Képi blanc

  • 05 aprile 2019
Képi blanc

L’Italia sta per farsi superare dalla Francia, ma questa volta è un problema per i francesi, non una vittoria. Al momento Belpaese gode della distinzione di possedere il quarto livello di indebitamento pubblico del mondo — dopo, nell’ordine, Stati Uniti, Giappone e Cina. Secondo i calcoli dell’agenzia Bloomberg però, durante il 2019 la Francia passerà al quarto posto e pertanto l’Italia scivolerà giù di una tacca, alla quinta posizione.

Per gli analisti dell’agenzia, a fine 2018 il debito pubblico francese ammontava a €2,31 trilioni, solo €1,4 miliardi sotto il debito italiano. Il deficit francese è stato di €80 mld, mentre quello dell’Italia è stato minore, €37 mld. Mentre entrambi i paesi finiranno il 2019 con la posizione debitoria ancora peggiorata, la certezza del “superamento” francese  arriva dai costi delle concessioni — inefficaci — fatte in preda al panico da Macron ai gilets jaunes.

Consegue, sempre secondo la Bloomberg, che a fine 2019 la Francia “batterà” l’Italia in debito pubblico per “almeno €50 miliardi”, diventando il paese più indebitato d’Europa.

Inoltre, Parigi ha un problema in più rispetto all’Italia: il 56% dell’indebitamento dello Stato francese è con l’estero, mentre l’indebitamento italiano lo è solo per il 34%. Ciò significa che mentre l’Italia è in buona parte indebitata con se stessa — con gli italiani — la Francia deve ridare molto di più a stranieri, a gente che non può tassare. È una constatazione che comunque non porterà gioia alle molte aziende creditrici dello Stato italiano e tantomeno ai contribuenti, che possono aspettarsi solo una mano fiscale sempre più pesante. Non sarà neanche tanto una consolazione sapere che, secondo l’Ocse, il Governo francese già ora raccoglie il 46% del PIL in tasse, un record mondiale. La media Ocse è invece del 34%.

Esiste presumibilmente un livello di tassazione aldilà del quale le popolazioni semplicemente non accettano più di farsi spremere. È ciò che la rivolta dei gilè gialli suggerisce. Se è così, la Francia sta finendo definitivamente in mano agli strozzini. Parrebbe avere un’unica speranza, la BCE, che potrebbe aiutare in tanti modi, perfino succhiando soldi dalle tasche degli altri paesi dell’area euro per assistere il servizio al debito francese. La Francia è o non è un paese “Too big to fail”?

Però, sono i tedeschi a possedere le chiavi di quella banca — il che offre un’altra possibile lettura per l’insolito trattato franco-tedesco di “partenariato” militar-politico firmato recentemente ad Aquisgrana.
I malpensanti hanno subito pensato che lo scopo fosse quello di “dominare congiuntamente” l’Europa.
Forse è così, ma allora la questione diventa: in che maniera? La vistosa “non-presenza” dell’Unione Europea nel trattato è uno degli aspetti più sorprendenti dell’intera faccenda.

Sappiamo che la Francia non ha soldi. Cosa potrebbero mai volere i tedeschi dai francesi? Bene, la Germania non ha da tempo un Establishment militare funzionante. Per ora è protetta, letteralmente, dalla Polonia — con l’apporto sempre più incerto degli Stati Uniti. La Francia ha buone forze armate, nonché delle bombe atomiche, e un esercito che si tiene in forma con le continue guerrette africane.
Sarebbe una strepitosa ironia storica se la Francia, che già ha una propria Legione straniera, dovesse trovarsi lei a fare da Légion étrangère alla Germania.

Su di me

James Hansen

James Hansen is a former diplomat and journalist. After serving in the American Foreign Service in various capacities, he was posted to the U.S. Consulate General in Naples as Vice-Consul. Remaining in Italy as a correspondent for, among others, the International Herald Tribune and the Daily Telegraph, he later became spokesman for some of the country's best known business figures, including Carlo De Benedetti and Silvio Berlusconi. More recently he acted as Chief of Press of Telecom Italia. Today he is President of a Milan-based consulting firm, Hansen Worldwide, which advises leading Italian industrial groups on their international relations. He has edited the geopolitical review EAST and today directs the widely-read Nota Diplomatica, which appears weekly.