Narcisismo nazionale

  • 18 gennaio 2019
Narcisismo nazionale

È famosa una battuta pronunciata dall’attore Orson Welles in un importante film del primo dopoguerra, Il Terzo Uomo (1949): “In Italia, sotto i Borgia, per trent'anni hanno avuto guerra, terrore, omicidio, strage ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, con cinquecento anni di amore fraterno, democrazia e pace cos'hanno prodotto? L'orologio a cucù.”

La questione del contributo delle singole nazioni alla collettiva “storia del mondo” è necessariamente soggettiva, probabilmente impossibile da definire in maniera rigorosa. Ciò non vuol dire però che porre la domanda sia insensato. È quello che ha fatto un’ampia equipe di ricercatori provenienti da università di Israele, Nuova Zelanda, Spagna, Germania e Stati Uniti.

Il risultato del loro lavoro, uno studio intitolato “We Made History: Citizens of 35 Countries Overestimate Their Nation's Role in World History” — pubblicato a maggio dell’anno scorso sul Journal of Applied Research in Memory and Cognition — è una sorta di classifica di quanto “se la tirano” le culture di 35 tra i più rappresentativi paesi del mondo. I soggetti della ricerca, studenti universitari perlopiù delle facoltà di scienze sociali nei paesi prescelti — nel caso dell’Italia, dell’Università di Roma — hanno partecipato rispondendo a un quiz che sembrava inteso a misurare le loro conoscenze storiche.

Una domanda verso la fine li invitava a stimare il peso in percentuale del contributo del proprio paese alla storia del mondo intero. I ricercatori ammettono con franchezza che si aspettavano di vedere gli Usa in cima alla classifica, vista la pesante retorica politica americana sull’ “eccezionalismo” morale, tecnologico e militare del paese, ma gli Stati Uniti sono finiti nella parte bassa della classifica, appropriandosi “solo” il 30% dell’intera storia umana. I più modesti invece sono stati gli svizzeri (11%) e i più esagerati i russi (61%). Presi insieme, i cittadini dei 35 paesi considerati si sono attribuiti il 1.156% del merito del progresso umano. Già gli studenti delle Isole Figi si appropriano del 35,8% della storia universale.

Che ci sia un po’ d’esagerazione in tutto ciò è evidente, specialmente in un mondo che già supera i 193 paesi stati membri dell’ONU. I ricercatori, come ipotesi, suggeriscono che la tendenza alla spettacolare sopravvalutazione del peso storico del proprio paese possa dipendere dal meccanismo cognitivo noto come la “euristica della disponibilità”, la tendenza di semplificare un problema riducendo i termini ad informazioni più familiari e facilmente disponibili. In questo caso: che gli studenti rispondano riportando la storia del mondo da ciò che sanno della storia del proprio paese.

L’ipotesi degli studiosi è generosa. C’entrerà anche un’importante dose d’ignoranza del passato. Parrebbe rispuntare anche una visione “imperiale”, con la Russia al primo posto, seguito subito dalla Gran Bretagna (54,6% della storia) e l’India subito dopo al 53,9%.

Visto così, la posizione più bassa in classifica dell’Italia — che si assume il merito solo del 44,2% della storia umana — sembra addirittura caratterizzata dalla modestia, sempre che si possa considerare l’impatto dell’Impero Romano. La Cina però si trova appena sotto l’Italia, al 41,9% della storia.

Su di me

James Hansen

James Hansen is a former diplomat and journalist. After serving in the American Foreign Service in various capacities, he was posted to the U.S. Consulate General in Naples as Vice-Consul. Remaining in Italy as a correspondent for, among others, the International Herald Tribune and the Daily Telegraph, he later became spokesman for some of the country's best known business figures, including Carlo De Benedetti and Silvio Berlusconi. More recently he acted as Chief of Press of Telecom Italia. Today he is President of a Milan-based consulting firm, Hansen Worldwide, which advises leading Italian industrial groups on their international relations. He has edited the geopolitical review EAST and today directs the widely-read Nota Diplomatica, which appears weekly.