C'è chi vorrebbe Bielorussia a Occidente. Ma Lukashenko non cede. Perché...

  • 03 agosto 2019
C'è chi vorrebbe Bielorussia a Occidente. Ma Lukashenko non cede. Perché...

di Dario Rivolta * – da: NOTIZIEGEOPOLITICHE.NET 

Ogni tanto Alexander Lukashenko ci prova e, a partire dai polacchi, c’è sempre qualcuno che ci casca. Il riferimento è all’illusione, coltivata da tanti russo-fobici, che la Bielorussia possa decidere di abbandonare la sua stretta alleanza con la Russia per entrare nell’orbita europea e quindi Nato. Ogni volta che si aprono nuove negoziazioni tra Minsk e Mosca qualche ministro bielorusso, o lo stesso Lukashenko, lascia intendere alle impazienti orecchie dell’occidente che il paese potrebbe essere più interessato a guardare a ovest che a est e che stia diventando anche più democratico. 

E’ pur vero che, nonostante la stessa identità culturale, gli stretti legami economici e la comune appartenenza all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), i rapporti tra le due capitali non sono sempre rose e fiori. Già subito dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica, Russia e Bielorussia iniziarono un dialogo su come raggiungere la reciproca integrazione e nel 2000 si era deciso che, a partire dal 2008, sarebbe stata creata una sola moneta comune. Nel 2002 si diede vita a un gruppo di lavoro e fu stabilita una specie di road map. Il piano, tuttavia, non fu mai concretizzato e nel 2009, con lo stesso nome, si decise di rimettere in pista il progetto dal punto di partenza. Risultato? Ad oggi nulla di fatto, come in precedenza. Molti anni fa, quando ancora sembrava che la strada fosse in discesa, Lukashenko sembrò accettare addirittura l’idea di un’unificazione dei due Stati o almeno qualcosa di simile. Pose però come condizione che a guida della nuova “creatura” si sarebbe dovuta prevedere l’alternanza tra Vladimir Putin e lui stesso. E’ impossibile sapere se l’idea fosse soltanto una provocazione o se l’autocrate bielorusso ci credesse davvero, ma è evidente che, considerata la dimensione dei due Paesi e il volume delle rispettive economie, la cosa suonasse un po’ ridicola. 

La Russia ha magari anche l’interesse a ottenere una convergenza economica e finanziaria con Minsk, ma ciò che più l’attira è mettere in piedi una dottrina comune per la difesa e aprire in Bielorussia una propria base militare. In altre parole, Mosca è più interessata ad avere tra sè e le avanguardie Nato non una regione del suo proprio territorio ma piuttosto uno Stato cuscinetto, strettamente legato o fortemente dipendente. Lukashenko, uomo intelligente e popolare tra i suoi concittadini, lo sa benissimo ed è per questo che punta a mantenere la sovranità del suo paese e garantire il suo potere personale. In cambio chiede a Mosca il massimo dei benefici. Anche i russi non sono sprovveduti e gli rispondono con le stesse armi. Alla fine ognuno dei due cerca di usare, per quanto gli è rispettivamente possibile, un po’ di carota e un po’ di bastone. Il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov ha confermato che dal 2024 il nuovo sistema di tassazione sull’energia che sarà applicato in Russia riguarderà anche gas e petrolio venduti alla Bielorussia e ciò significherà per quest’ultima un maggior costo e una perdita di miliardi di dollari negli incassi che il Paese otterrà dalla ri-esportazione (parziale) di questi prodotti. Ha anche aggiunto che la Bielorussia sarà ricompensata per le perdite che deriveranno, ma soltanto dopo che si realizzi una maggiore “integrazione” tra i due Paesi. Nel frattempo, per essere più convincente, ha sospeso il rifinanziamento di 630 milioni di dollari utile a ripagare il debito bielorusso verso la Mosca. Immediatamente Lukashenko ha risposto ottenendo un credito di 500 milioni dalla Banca Cinese di Sviluppo. Apparentemente l’idea di una valuta comune, della convergenza economica e finanziaria e di una difesa integrata continuano a essere oggetto degli incontri tra due delegazioni e lo stesso ministro dell’Economia bielorusso ha dichiarato pubblicamente che a suo giudizio tutto si potrebbe realizzare attorno al 2022-2023, cioè un anno prima dell’entrata in vigore del nuovo sistema fiscale sull’energia pianificato a Mosca e fortemente penalizzante per la Bielorussia. 

Una decina di giorni fa Lukashenko ha incontrato Putin a Mosca e, sicuramente, hanno affrontato tutti i problemi che li riguardano. Non sappiamo cosa ne sia uscito, ma le rispettive delegazioni continueranno a incontrarsi e ciò significa che non c’è in vista nessuna rottura. Che sia del tutto campata per aria la speranza polacca (e di altri) di fare della Bielorussia una nuova Ucraina lo dicono anche le cifre coinvolte. La bilancia commerciale dei due Paesi, per quanto favorevole a Mosca, è strettamente intrecciata quanto lo sono anche i legami di carattere privato e familiare tra i due popoli. Il 38,4% delle esportazioni bielorusse ha come mercato proprio la Russia e le merci in arrivo da quel Paese costituiscono quasi il 60% di tutte le importazioni. La reciproca dipendenza è in continuo progresso, tanto è vero che il volume degli scambi bilaterali dal 1996 a oggi è aumentato di 5,4 volte, raggiungendo la cifra di quasi 40 miliardi di dollari. La Russia esporta soprattutto petrolio, gas, acciaio, prodotti petroliferi raffinati e automobili. I bielorussi rispondono con (in ordine) latte e prodotti caseari, camion, carni e derivati, trattori e accessori per auto e per trattori. Si tratta, in questi casi, di prodotti generalmente non sufficientemente sofisticati per i consumatori occidentali e perdere gli attuali mercati di sbocco sarebbe solo un disastro per le imprese produttrici. Pensare che il governo di Minsk immagini di voler riconvertire tutta la propria economia e la propria politica estera per accontentare il desiderio di chi vuole “contenere” la Russia più da vicino è soltanto una pazzia. Ciò non toglie che, in ogni negoziazione, ognuno usa le armi che ha e Lukashenko lo sa fare al meglio. 

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.

Autore: Redazione BeGlobal